Flavio Tranquillo e la Passione per il Giornalismo Sportivo oggi

(Foto d’archivio da Notizie d’aSPORTo, Stagione 2012-13, Bocconi TV)

Ho già scritto in passato dell’importanza che il Basket ricopre nella mia vita, e di quanto sia il mio sogno quello di poterlo raccontare professionalmente.

Sin da quando ero piccolo ho sempre associato, come molti miei coetanei, il racconto del Basket alla figura di Flavio Tranquillo.

Soprannominato The Voice, la sua storia è nota a tutti gli appassionati italiani di quel magnifico Gioco che è la Pallacanestro.

Ho conosciuto di persona Flavio Tranquillo la prima volta nel 2012, intervistandolo per quello che considero il mio “primo figlio”: Notizie d’aSPORTo sull’allora B Students TV  (oggi Bocconi TV). Ho avuto la fortuna di intervistarlo qualche altra volta, anche per la mia Tesi di Laurea, rimanendo ogni volta stupito e ammirato per l’umiltà e la disponibilità totale, nonostante una agenda constantemente piena di impegni.

Per questo motivo ho deciso di dedicare a lui la seconda intervista, dopo Paolo Condò, sul tema della Passione per il Giornalismo Sportivo oggi.


 

In parole tue, chi è Flavio Tranquillo?

Un ragazzo fortunato

Quanto è importante la passione per il basket nel tuo lavoro?

Molto, ma non è un merito. Solo un accidente della storia.

Dove si trova più gratificazione tra l’essere inviato in giro per il mondo o l’intervistare “individualmente” un personaggio sportivo? Perché?

La gratificazione sta nel conoscere cose e persone nuove. Personalmente sono un tifoso relativo dell’intervista.

Queste emozioni superano o precedono il fare la telecronaca dal vivo di una partita?

La partita sta sopra tutto. La partita, non la telecronaca della stessa.

Quale partita sceglieresti come la più emozionante della tua carriera? Perché?

La prossima, perché la bellezza è essere sorpresi ogni volta.

Secondo te c’é un rapporto tra la passione per uno sport e la nostalgia per “ere” passate dello stesso?

Credo ci sia una nostalgia rispetto a come si era quando si era più vergini.

Spesso però questa è una trappola da evitare, posto che un po’ di nostalgia ci sta sempre bene quando usata cum grano salis.

Quale è il tuo rapporto con la nostalgia?

Vedi sopra, mi piace molto ma provo a non crogiolarmi.

Si parla molto, specialmente negli ultimi tempi, del basket come business, specie quando si fa riferimento al “Modello NBA”.

In che misura può esserci ancora spazio per del “romanticismo”?

Non sono termini che si escludono, anzi.

Il business dipende dal giocare bene a basket, e per farlo il romanticismo, con o senza virgolette, è un ingrediente necessario, anche se non sufficiente.

Pensi che i temi “economici” allontanino le persone dallo stadio o comunque dal seguire la propria squadra?

Assolutamente no.

Quello che allontana è l’assenza di vero business, non certo il tema economico di per sé.

È possibile nel 2015 per te coniugare efficacemente passione e business in uno sport ai livelli più alti?

Assolutamente sì.

L’evoluzione dei media ha cambiato il tuo modo di scrivere ed intervistare? In che misura?

Chiaramente sì, ma non saprei entrare nel dettaglio.

È successo e basta.

Quale è l’importanza di un’interazione continua, via social network, con i propri lettori e con il proprio pubblico?

È importante, ma guai a confonderla con l’informazione o la linea editoriale.

Blog, gruppi o forum e pagine Social sono sempre più uno strumento di aggregazione e confronto.

Come ti rapporti con queste piattaforme? Possono essere uno stimolo?

Lo sono.

Sono una fonte di notizie e stimolo.

Una fonte, non “la” fonte.

E, come tutte le fonti, fondamentale è la verifica.

Puoi raccontare qualche aneddoto (vissuto in prima persona) in grado di simboleggiare il cambiamento del basket “mediatico”?

A metà partita controllo sempre Twitter, spesso correggo errori grazie ai follower.

Cosa consiglieresti ad un giovane che sogna il mondo del giornalismo sportivo?

Di avere un piano B.

Di non idealizzare.

E di stabilire cosa intende questo giovane per “giornalismo sportivo”.

(Ringrazio Flavio Tranquillo per la disponibilità).

Share The Love

A 23 anni non riesco più ad immaginare cosa sarebbe stata la mia vita se non avessi “scoperto” il Basket.

Persone ben più qualificate di me han speso (e tuttora spendono) le migliori parole possibili per descrivere quel meraviglioso Gioco che è la Pallacanestro.

Il Basket è un Gioco, a mio modo di vedere, fortemente meritocratico. E, allo stesso tempo, difficilissimo da raccontare.

Avendo come sogno di vita quello di poterlo raccontare professionalmente, è naturale ispirarsi a coloro che segnano epoche del racconto sportivo.

Sono abbastanza sicuro di poter affermare che in Italia, appena dici “Basket” e “TV” (o “raccontare il Basket” o simili), i primi due nomi cui pensi sono quelli di, in rigoroso ordine alfabetico, Federico Buffa e Flavio Tranquillo.

O “BuffaTranquillo”, un’unica parola. Come le coppie che han fatto la storia dello sport, tipo “KobeShaq” o “JordanPippen” o “StocktonToMalone” e via discorrendo.

Il “Natale NBA” italiano quest’anno si arricchisce di “The Reunion”, 90 (tondi tondi) appassionanti minuti di conversazione tra le due voci principali della pallacanestro nostrana negli ultimi 20 anni.

The Reunion” scivola via lasciandoti quella sensazione di “I want more”, di voler continuare ad assistere a quella che è, sintetizzando al massimo, un incontro tra due vecchi amici che si raccontano la loro passione sottolineandone alcuni aneddoti.

The Reunion” è, per stessa ammissione di Tranquillo a inizio trasmissione, un qualcosa realizzato per il pubblico, per gli appassionati, per coloro che sono cresciuti con la voce narrante di “BuffaTranquillo”.

Durando 90 minuti precisi, “The Reunion” si può dividere in due tempi da 45 minuti, quasi come due atti di uno spettacolo teatrale.

Il primo atto è un viaggio all’interno del rapporto “BuffaTranquillo”, una cronistoria del loro avvicinamento al Gioco tra gli anni ’70 e ’80, con molti momenti “inediti” e poco noti. C’é anche spazio per quello che secondo me è uno dei momenti più interessanti del programma: una riflessione accorata e autocritica sul “metodo Buffa-Tranquillo”, la loro metodologia di raccontare le partite riempiendole di aneddoti che oggi trova tante riproposizioni (anche nel raccontare altri sport) ma che anche poco tempo fa non raccoglieva un elevato consenso.

Ricordo bene quando “rivali” comunicativi di BuffaTranquillo lamentavano l’eccessiva tecnicità del loro linguaggio e come questo potesse essere un ostacolo nell’accesso al Gioco. Nel mio caso, ma probabilmente anche in quello di persone che oggi raccontano il Basket meglio di me (e che ho la fortuna di conoscere personalmente), questo metodo ha rappresentato uno stimolo nell’accedere al Gioco: la curiosità di sapere, capire, quegli aneddoti e quelle storie, oltre alle dinamiche del mondo NBA. Un qualcosa che non è esclusivo della mia mentalità di vedere il Basket, ma che è parecchio condivisa e diffusa tra gli appassionati, come testimonia l’ottima intervista allo stesso Tranquillo di Dario Vismara sull’Ultimo Uomo.

Il percorso del “primo atto” si conclude idealmente a fine anni ’90, al momento in cui l’NBA torna sull’allora Tele+, che la affiancava alla copertura dell’NCAA. College Basketball di cui Buffa era seconda voce a quei tempi, periodo ricordato da video di repertorio che i nostalgici di quel periodo ameranno moltissimo.

Fine anni ’90 che segnano il passaggio dal primo al secondo atto: con il ricordo della prima telecronaca NBA del duo (Lakers-Suns del Novembre ’97) si passa alla parte più attesa dalla maggior parte dei Fan: una lunga retrospettiva (di circa 45 minuti) sull’NBA nel periodo BuffaTranquillo, dallo storico All Star Game ’97 di Cleveland con la premiazione dei 50 migliori giocatori di ogni epoca all’ultima telecronaca NBA del duo, la Gara 7 del 2013 tra Heat e Spurs.

Si parte dalle squadre che han segnato maggiormente queste 17 stagioni (gli ultimi Bulls di Jordan, i Lakers del Three-Peat, gli Spurs e gli Heat dei Big Three): 45 minuti ricchi di aneddoti e memorie, spesso inedite, sui protagonisti di questo lungo periodo della storia NBA, con ovviamente uno spazio dedicato a Kobe Bryant e al suo prossimo ritiro.

I 90 minuti di #TheReunion scivolano via leggermente, tanto da rendere interessanti anche i momenti definibili come “autocelebrativi” (non mancano le occasioni in cui Buffa e Tranquillo, che prima di tutto sono due amici, si complimentano -giustamente- a vicenda per la loro carriera ricca di soddisfazioni).

Una Reunion che potrebbe avere un seguito nei prossimi mesi e che rappresenta un “testamento spirituale” perfetto dell’amore per il Gioco da parte di due persone che han passato larga parte della loro vita a raccontarlo. Un programma, perfettamente costruito e montato dal team di SKY Sport, che nasce come un unicum e probabilmente è speciale (anche) per questo: quando le cose sono rare tendono ad assumere un valore maggiore.