Curiositas

Ho letto persone riuscire a scrivere, nello spazio di ore/minuti/secondi, che i “sondaggi sono tutti sbagliati, il sondaggista non fa un lavoro vero” seguito da “i giovani hanno votato la Clinton in massa, come per la Brexit i vecchi fanno i danni”, osservazione basata su sondaggi/exit poll visto che notoriamente il voto è anonimo e segreto.
Quando leggo queste cose penso che veramente vivo in una bolla, che sono un privilegiato, visto che non riesco nemmeno a concepire ragionamenti banali, superficiali e poco approfonditi come questi.
Visto che quando leggo una cosa che cattura l’attenzione la prima cosa cui penso è “perché?”.
Visto che è immensamente frustrante osservare pensatori, seguiti e rispettati, che si beano di possedere l’Assoluta Sapienza quando sono i primi fautori del pensiero vacuo, superficiale e banale, dell’opinione scambiata per informazione, del dileggio gratuito e bieco scambiato per ironia.
Il chiedermi “perché”, la naturale curiosità che possiedo nell’osservare ciò che mi circonda, deriva dalle fortunate esperienze che ho avuto modo di vivere e assimilare nella mia vita. Appartengo, come la stragrande maggioranza delle persone che mi circondano, ad un gruppo sociale privilegiato, perché oggi la curiosità è un privilegio, un dono. Mi rendo conto che questo può risultare un ragionamento snobista, e probabilmente lo è: infatti, per “meritarmi” questo privilegio, ogni giorno cerco di continuare ad osservare il mondo cercando di mettermi nei panni di chi non è come me, di capire il perché e di aprirmi al confronto. 
Cerco, allo stesso modo, di confrontarmi con chi non la pensa come me, perché penso che il confronto sia la base dell’arricchimento personale, confronto che passa anche attraverso il fare notare atteggiamenti stimabili e deprecabili.
Nell’ultimo post (cercherò di essere più continuo nello scrivere) su questo blog ho provato a comprendere cosa avesse significato essere testimoni della Brexit, una delle scelte referendarie che hanno fatto la storia della civiltà occidentale; ho seguito la lunga corsa alla Casa Bianca, vinta ieri da Donald Trump, ma non avendola vissuta di persona non voglio esporre pubblicamente le mie riflessioni.
Posso però provare a riflettere sulla copertura mediatica del fenomeno Trump, una copertura che si è distinta (e alcune testate come il NYT l’hanno pure riconosciuto) per aver vissuto in una bolla di positivismo e sottovalutazione di ciò che stava avvenendo.
Sono rimasto particolarmente colpito, ad esempio, da testate come l’Huffington Post che hanno dileggiato, nei giorni precedenti al voto, statistici come Nate Silver di FiveThirtyEight che -a fronte di media ormai sicuri della vittoria della Clinton- continuavano a ripetere come la competizione elettorale fosse tutt’altro che chiusa.
Nel farlo, l’HuffPost si è basato sul proprio modello di previsioni, che dava la Clinton con oltre il 90% di possibilità di conquistare lo studio ovale (contro il 67% di 538).
Penso alla base di questo confronto vi sia un aspetto che rappresenta la conferma del fatto che la media dei media viva davvero in una bolla: l’ipervalutazione dei sondaggi, degli unici dati “statistici” e “oggettivi” a disposizione degli analisti ed editorialisti in un panorama di campagne elettorali che sempre meno si basano sui contenuti parlando piuttosto di cose terze.
L’ipervalutazione genera mostri, come le presunte battaglie ideologiche tra giovani vs vecchi su remain vs leave.
Come si “combatte” questo atteggiamento?
Informandosi. Confrontandosi. Cercando di capire. Cercando di essere curiosi. Leggendo, con la stessa attenzione, coloro che provano a chiedersi perché e cercando di argomentare, e coloro che si lanciano in ragionamenti retoricamente vacui, non originali, che vanno qui e lì, che danno un colpo al cerchio ed uno alla botte, che dicono quello che i tuoi followers vogliono sentirsi dire, che aggiungono inutili e futili bullet points al discorso (in una parola, Scanzi).
Lo faccio perché è giusto, perché credo che così si possa sviluppare un senso critico efficace, aperto e asettico, che non si lascia influenzare dalle emozioni.
Perché solo attraverso il confronto e il cercare di capire l’altro, di comprendere ciò che ci circonda, si possono evitare divisioni e muri, che poi portano a sbalordirci quando il mondo fuori dalla nostra bolla, dalla nostra classe sociale, ci sbatte in faccia la verità.
In alternativa, se proprio non si ha il tempo o la voglia di essere curiosi, la si può prendere con filosofia, o come Joel Embiid.

Che bella l’NBA

Che bella l’NBA.

Che bella l’NBA, dove grandi campioni si affrontano lealmente e nel massimo rispetto.

Che bella l’NBA, dove il razzismo è talmente combattuto al punto in cui uno dei proprietari più ricchi viene bandito a vita per aver definito un ex giocatore “negro di merda” in una telefonata con l’amante.

Che bella l’NBA, dove non importa il fatto che di quella telefonata siamo venuti a sapere solo grazie a uno scoop, e poco importa che sia un fatto privato.

Che bella l’NBA, dove i più accesi contestatori di quel proprietario sono stati i suoi stessi giocatori, lo staff tecnico, i tifosi.

Che bella l’NBA, dove un giocatore fa coming out da free agent (senza squadra) e viene firmato senza problemi qualche settimana dopo.

Che bella l’NBA, dove giocano 100 giocatori stranieri e nessuno reclama “più spazio per gli americani, #TroppiStranieri!”

Che bella l’NBA, dove la globalizzazione si estende anche agli staff tecnici, che vanno lentamente popolandosi di allenatori stranieri.

Che bella l’NBA, dove ci sono donne che arbitrano e allenano: e tutto ciò viene visto come assolutamente normale. Donne che sono trattate in maniera eguale, elogiate quando la loro conoscenza rappresenta un valore aggiunto e criticate quando lo meritano.

Che bella l’NBA, dove un giocatore che insulta un arbitro gay in campo non solo viene punito dalla lega, ma anche dalla sua stessa squadra (pur “forzata”).

Che bella l’NBA, così lodata da tutti in giro per il mondo, anche da quelli che sono i primi ad avere atteggiamenti beceri, ignoranti, razzisti, sessisti, omofobi, stupidi.

Che bella l’NBA, dove nessuno si sogna di dire all’arbitro gay insultato dal giocatore “lo fai per farlo punire” “sono cose di campo” “è un vergognoso accerchiamento mediatico contro la squadra”.

Che bella l’NBA, dove non esistono pene per la discriminazione territoriale proprio perché non è concepita.

Che bella l’NBA, dove le battaglie culturali e sociali sono abbracciate indistintamente e non in base al proprio opportunismo, che sia relativo al tifo o alla linea editoriale.

Che bella l’NBA, che è talmente grande da permettere a certuni di lavarsi la coscienza.

Che bella l’NBA, perché è facile fare elogiare gli altri e le loro regole ma, allo stesso tempo, dire “sono cose di campo” “opportunista” quando tocca a noi.

Breaking Tweet from Paris

I don’t have the competencies to talk about what happened in Paris. All my prayers and thoughts are, of course, with the French people and, between all, with my friends and persons I know whom are in Paris at the moment.

I consider myself as a calm and moderate person.

I try to don’t be dominated by fear and unrationalism.

I’ve been sitting and watching at BBC News for over a hour now. All I see is the news floating continuously, with lots of phone reporting.

All the reported titles are about confirmed information and first handed sources.

No one is speculating over unconfirmed news and unreliable sources. That is what makes a news agency a trustworthy one.

I’m writing this words on my phone after looking over and over again at my Twitter timeline.

And all I’ve saw is exactly the opposite of what I’m watching on BBC.

At this moment Twitter is filled of fears and unconfirmed sources, which have more power than a Tsunami.

I’m not naif or stupid, I know that what happened is probably caused by Islamic terrorists.

But we don’t know anything at this moment. Anything. And based on the live reports from Paris, time will pass before knowing anything certain and detailed.

The only people who takes advantage by this floating fear are the terrorists themselves.

I’m no one to tell people to not hate Muslims or to not blame Isis for what is happening.

I would simply ask people: DON’T FREAK OUT.

This is the most disrispectful thing imaginable.

Don’t freak out.

Don’t be dominated or driven by fear or hate.

Wait to be informed.

Think before act.

No one wins in getting more retweets or likes.

No one wins in delivering unconfirmed sources.

Everyone lose.

And that would be terrorist bigger win.

Pray for Paris.