La solidità e continuità nei risultati è un segnale positivo solo se c’é margine di crescita. Negli ultimi tre Europei la nazionale italiana ha raggiunto lo stesso risultato (Top 8), disputando però competizioni completamente diverse fra loro. Se comunque 6 giocatori (Aradori, Belinelli, Cinciarini, Cusin, Datome, Melli) su 12 sono sempre stati gli stessi, è pur vero che l’aver visto 22 giocatori diversi alternarsi nel roster dell’Italia tra Slovenia 2013 e Tel Aviv/Istanbul 2017 non sia stato garanzia di coerenza di un progetto tecnico.
Nei 16 giocatori “alternati” c’é lo specchio perfetto di quello che è attualmente il movimento cestistico italiano: giocatori di talento ma caratterialmente fragili, promesse non mantenute, onesti mestieranti, giovani considerati tali in età quando in teoria tali non sono più, parvenu totali.
Tutto questo è stato dato in mano al miglior allenatore italiano degli ultimi 25 anni (almeno) e a quello che comunque è uno dei migliori allenatori italiani della sua generazione (e ha tutte le carte in regola per entrare, anche lui, nel club dei migliori di sempre).
Essere regolarmente arrivati nel G8 del basket continentale non è qualcosa di scontato (non succedeva dal 1995–1999, quando in precedenza era SEMPRE successo tra il 1965 e il 1991; a Stoccolma e Atene seguirono anche Belgrado, Saitama e Madrid), ma è un qualcosa che va bollato come positivo solo se rappresenta il punto di partenza di un ciclo (è il caso dell’affascinante Lettonia), non se è il punto più alto di una generazione cui seguirà un futuro incerto.
Dei 5 debuttanti assoluti in questo Eurobasket, 4 (Filloy, Biligha, Baldi Rossi e Abass) l’anno prossimo disputeranno una coppa europea, con il solo Abass che giocherà una competizione che teoricamente non gli consentirà di disputare le partite di qualificazione ai Mondiali 2019, unica porta d’accesso per Tokyo 2020.
Dei 12 visti in campo tra Israele e Turchia, il solo Christian Burns, nella prossima stagione, non potrà mettersi alla prova, con la sua squadra di club, in Europa.
Il confronto col basket continentale, che tanto ha giovato a due giocatori borderline come Melli e Hackett, è probabilmente l’unica speranza di crescita che avrà una generazione che si annuncia popolata di tanti potenziali buoni/discreti giocatori, ma con pochissime (forse zero) punte di eccellenza.
Negli anni immediatamente successivi al meraviglioso argento di Atene, il movimento cestistico italiano quasi si bullò dell’essere stato in grado di raggiungere risultati d’élite senza la presenza di giocatori NBA: la retorica della nazionale più forte di sempre perché ci sono 3/4 giocatori NBA nasce da lì.
Nel giudicare la prossima generazione del basket italiano, però, bisogna tenere conto di come quell’epoca d’oro si fondò su giocatori che, agli inizi delle loro carriere, potevano spesso essere considerati come noi oggi consideriamo i Mussini di questo mondo.
Loro ebbero la possibilità di crescere davvero, ed entrare nel club dei migliori giocatori continentali, non grazie a regole protezionistiche che ne garantivano la presenza a roster, ma grazie al confronto che le migliori squadre italiane, all’epoca, potevano regolarmente sostenere contro le migliori squadre europee.
Progetti tecnici meritori e vincenti sul territorio nazionale come quelli di Reggio Emilia, Trento, Venezia o come può essere, in futuro, la nuova Virtus Bologna hanno margine limitato (e mediocre) se l’accesso all’Europa di queste squadre viene regolamentato sulla base di faide stucchevoli e prese di posizione politiche che nulla hanno a che vedere con il bene del movimento cestistico nazionale.
L’anno di Eurocup perso da Reggio Emilia e Trento è stato un anno in cui, ad esempio, un giocatore come Baldi Rossi non ha avuto la possibilità di recuperare quell’Europa persa, causa l’infortunio della stagione precedente, e di conseguenza catapultato in un Europeo con pochissima esperienza internazionale.
L’assurdo nuovo calendario FIBA è un qualcosa che può essere utilizzato a nostro favore: re-inserendo giocatori come i fratelli Gentile, o introducendo progressivamente i migliori rappresentanti italiani non impegnati tra NBA ed Eurolega si avrà la possibilità di valutare, con tutte le pinze del caso, l’effettiva profondità del nostro movimento, che deve far suo l’umiltà di motti come #SiamoQuesti ed evitare di scadere, nuovamente, in proclami di arrogante grandeur non sostenuti da risultati del suo recente passato.