Tu vuo’ fa l’Americano

Il Mundo Deportivo, quotidiano sportivo con sede a Barcellona (dettaglio non irrilevante), nell’edizione di ieri riporta i dettagli della nuova Basketball Champions League, la nuova competizione continentale creata dalla FIBA che partirà dalla prossima stagione.

Il torneo tendenzialmente seguirà, nella struttura, il più famoso omonimo calcistico: 32 squadre, qualificate direttamente tramite i campionati nazionali o via preliminari, divise in 4 gironi da 8, cui farà seguito una fase a eliminazione diretta (ottavi, quarti e Final Four). 14 partite garantite ma solo 20 “massime”, così da non scontrarsi con le qualificazioni continentali per le nazionali previste dal 2017.

Al di là di nome e logo non propriamente originali, la Champions del Basket si prepara alla guerra con l’Eurolega forte dell’appoggio quasi totale delle federazioni di Francia, Italia e Turchia.

Quasi, perché le squadre già “ingaggiate” dall’organismo con sede a Barcellona e dal ricco contratto decennale firmato nello scorso novembre con IMG (Milano, Fenerbahce e Efes) parteciperanno ugualmente all’Eurolega 2016-17.

Conosciuti i dettagli della nuova competizione FIBA, Bertomeu ha convocato tutte le 11 “elette”, insieme ad altre 17 squadre: lo stesso Mundo Deportivo riporta i nomi di alcune spagnole, tedesche e russe, parla di team greci e serbi ma anche turchi, italiani e francesi (senza riportarne i nomi).

Appartenenti a leghe che non potrebbero (o dovrebbero?) partecipare alle competizioni promosse da Bertomeu & co.

A questo punto si apre il “vaso di Pandora”, perché se da un lato l’Eurolega 2016-17 sarà abbastanza “chiusa” (con 11 posti su 16 già occupati dalle “licenze fisse”, rimangono 5 posti: uno per la vincente dell’Eurocup 2015-16, uno per la vincitrice di un “preliminare” e gli altri tre da stabilire, possibilmente a squadre campioni nazionali), dall’altro queste squadre potrebbero benissimo partecipare all’Eurocup 2016-17 (a 24 squadre), che metterà in palio un posto per l’Eurolega 2017-18 e rappresenterà (come per l’Europa League calcistica) una nuova (ed unica per squadre di alcune nazioni) via d’accesso al torneo più ricco d’Europa.

Il vaso di Pandora si apre anche dal lato FIBA, dove la joint-venture della “proprietà” del torneo riguarderà direttamente la stessa Federazione Internazionale e le leghe: secondo quanto riportato dal quotidiano catalano, le otto leghe più importanti (oltre alle già citate Francia, Italia e Turchia vi sono anche Spagna, Grecia, Germania, Lega Adriatica e Lega VTB) deterranno un 5% a testa del torneo e dei ricavi dello stesso (il restante 10% sarà diviso equamente tra le leghe di Belgio, Repubblica Ceca, Israele, Lituania e Polonia). Questa divisione garantirà almeno 2 posti “diretti” a squadre delle prime otto leghe e almeno un posto a quelle delle successive cinque.

Si aprono, a questo punto, numerose domande:

  • Perché una squadra dovrebbe scegliere se partecipare all’Eurocup o alla Basketball Champions League?
  • Avrà possibilità di scelta?
  • Se una squadra italiana o francese o turca dovesse vincere l’Eurocup 2015-16, potrà partecipare all’Eurolega 2016-17 o dovrà attenersi al veto della propria federazione?
  • Non si rischia di creare contrasti nazionali tra squadre di Eurolega (che, grazie ai proventi della partnership con IMG, saranno sempre più ricche) e di Champions League?
  • Che criterio seguiranno federazioni che ancora non si sono schierate come Spagna, Grecia e l’emergente Germania?
  • Quale sarà l’effettivo valore sportivo delle due competizioni? L’esperienza del 2001 non ha insegnato nulla?

Personalmente fatico moltissimo a prendere una posizione sulla vicenda, soprattutto per il fatto che si tratta di un contrasto “ideologico”: da un lato abbiamo un torneo (e un organismo) essenzialmente creato dai club, dall’altro un torneo creato dalle singole federazioni.

Un sogno, quello della “superlega”, anche dei top team del calcio europeo, come sottolineato recentemente da Agnelli e Rummenigge in un convegno all’Università Bocconi.

Un sogno che pone le sue basi sul modello dello sport statunitense, fatto di leghe chiuse e franchigie.

Una concezione della competizione sportiva (per club) completamente diversa da quella presente nel resto del mondo, che riflette anche l’approccio culturale allo sport da parte della gente e da parte di chi lo sport lo gestisce, lo organizza e lo amministra.

Di fronte ad un panorama confuso ed instabile, emerge l’ultima domanda: è davvero utile inseguire il “sogno americano” stravolgendo 100 anni d’evoluzioni nell’organizzazione dello sport europeo?

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